venerdì 30 dicembre 2011

La prospettiva eurasiatica del socialismo

Di Eurasien da www.statopotenza.eu

Una delle domande più frequenti poste dai lettori del nostro sito e tra coloro che desiderano approfondire l’eurasiatismo, riguarda la struttura economica su cui verrebbe edificato il modello di società concepito dagli eurasiatisti. In altre parole il dubbio riguarda il fatto se noi accettiamo il modo di produzione capitalistico o sosteniamo la realizzazione di un modello socialista, sulla base dell’esperienze passate e attuali, da quelle del blocco socialista orientale, alle Repubbliche democratico-popolari di Cina, Corea del Nord o Cuba.

Innanzitutto l’Eurasiatismo non è funzionale ai disegni politico-strategici dell’imperialismo euro-statunitense e di conseguenza non potrà essere cerniera tra modi di produzione differenti nel quadro della competizione-collaborazione tra gruppi e poli del capitalismo mondiale. Non è nemmeno una forma di “capitalismo dal volto umano” , né tantomeno una fantomatica terza via tra marxismo e liberismo. Non è e non sarà mai dottrina destinata a promuovere nuove forme di sfruttamento ammantate di solidarismo e pace sociale. Chi, contrariamente a quanto detto, sostiene forme distorte o accomodanti, in grado di conciliare multipolarismo (dal punto di vista geopolitico) e capitalismo, in realtà supporta attivamente la cosiddetta globalizzazione, ossia l’estensione del paradigma atlantista al mondo intero.

Se “il sistema mondiale del capitalismo è un sistema rigidamente gerarchico, sancito dal reale rapporto di forze […] simile ad una piramide che abbia come vertice un pugno di potenze sviluppate e come base la grande massa dei popoli arretrati e oppressi”[1], l’eurasiatismo ha invece un aspetto del tutto diverso. Un sistema non più basato sulla subordinazione, ma sull’integrazione tra nazioni ed economie orientate alla costruzione di un socialismo pan-eurasiatico. Quindi la contraddizione tra lavoro e capitale (inteso come “processo storico” e non come “investimento”) e la sua espressione concreta, la lotta tra classi, lungi dall’essere trascurata o frettolosamente accantonata, conserva la propria centralità, così come rimane immutato l’obiettivo di costruzione di una società socialista. La dimensione eurasiatica del socialismo ha origine nella consapevolezza dell’esistenza della strategia di accerchiamento del continente Eurasia, di cui sono artefici gli Stati Uniti e le nazioni ad essi subordinate. Ed è questo l’apporto fondamentale dell’Eurasiatismo, ossia l’aver concepito il processo d’integrazione eurasiatica come strategicamente vitale per la difesa dall’imperialismo e il rilancio della prospettiva socialista.

Senza di esso, l’internazionalismo degenera in una forma di “fondamentalismo dei diritti umani” che termina la propria parabola nel sostegno alla campagne di aggressione militare della NATO[2]. Degenerazione che è parte di un processo più ampio di decomposizione del marxismo europeo, incapace di sottrarsi all’egemonia culturale della borghesia e destinato a scegliere tra la normalizzazione e il settarismo.

Note:
1. “Principi elementari del marxismo”. Il sistema mondiale socialista p. 159, Editori Riuniti, Roma, 1962
2. Segnalo come esempi di tale degenerazione tre articoli: http://www.marxismo.net/maghreb/la-verita-sullinsurrezione-rivoluzionaria-in-atto-in-libia
http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1710:con-la-rivoluzione-democratica-in-siria-come-in-libia-mai&catid=28:siria-cat&Itemid=116
http://www.pclavoratori.it/files/index.php?c3:o2315:m2

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